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L’importanza del massetto per il pavimento in legno

CIT.” Professional Parquet www.professionalparquet.it   ”

NORME (E STRUMENTI), non parole ESPERIENZE di Antonio Viscardi

Accertare l’umidità di uno strato ripartitore di carico prima della posa dovrebbe essere un’operazione ormai “rodata”. Ma è davvero così? …

Poco tempo fa leggevo l’articolo di un collega che sottolineava come risalire alle cause degli inconvenienti che compromettono le caratteristiche funzionali o estetiche di una pavimentazione in parquet richieda molta esperienza, la conoscenza di numerosi parametri e, naturalmente, l’obbiettività. E a proposito di obbiettività, il nostro lavoro, aggiungo io, sarebbe ancor più in balia alla soggettività se non ci fossero le norme tecniche, che oggi – finalmente – regolano quasi tutti gli aspetti del settore delle pavimentazioni in legno (compresi quelli inerenti i sottopavimenti e tutti i prodotti complementari al parquet) e soprattutto regolano la posa in opera, andando a completare e a integrare i numerosi trattati tecnici presenti sul mercato, uno dei quali è ancor oggi un preciso riferimento per tutti: “Antologia del legno” del professor Guglielmo Giordano. Tuttavia, malgrado questi precisi riferimenti normativi, con sorpresa, spesso sono contattato da posatori che – con una semplice domanda inerente la percentuale di umidità occultata nel sottopavimento sul quale devono posare il parquet – mi mettono in serio imbarazzo.
La domanda è ormai da copione: “Ho trovato un’umidità vicina al 3-4%, ma dato che nell’impasto cementizio ho utilizzato un prodotto speciale, mi hanno detto che è sufficiente togliere l’1 o il 2 %, che il valore rimane due, dunque si può posare. A conferma di ciò, mi è stata data una dichiarazione scritta. Cosa faccio?”. Oppure: “Ho trovato un’umidità ben più alta del 3% utilizzando l’igrometro al carburo, con il metodo previsto dalle norme, ma cambiando metodo l’umidità risulta vicina al 2%. Allora posso posare?”.
Non nascondo che tali situazioni sono per me motivo di vero sconforto, poiché implicano la non conoscenza delle indicazioni dettate dalle non più recenti norme Uni En 13813, Uni 11371, Uni 10329 o Din 18121-2 e Din 18560-4, e degli strumenti e metodi normati e approvati.
Non è tutto: spesso le versioni fornite ai posatori sono ben distanti da tutti i parametri inerenti al chimismo di indurimento e di essiccazione dei vari prodotti presenti sul mercato a base di leganti idraulici.
I lettori mi perdoneranno per la rassegna fotografica forse non nuova, che naturalmente non ha fini pubblicitari, ma ha il mero scopo di dimostrare quanto è stato messo a disposizione dei posatori, degli architetti, degli ingegneri e dei geometri per accertare l’umidità di uno strato ripartitore di carico prima della posa.

Tecniche e strumenti
Prendiamo ad esempio i vari tipi di igrometri al carburo, strumenti che, a patto che il campione da testare sia stato prelevato con criteri stabiliti dalla relativa norma, permettono la quantificazione della percentuale di umidità occultata nel sottofondo. In pratica questi strumenti convertono la pressione sviluppata dall’acetilene derivante dalla reazione chimica del carburo di calcio con l’acqua (sottoforma di umidità) contenuta nel campione di peso stabilito, quantificandola in percentuale sul peso in modo più che attendibile.

Gli strumenti fotografati a centro pagina completano questo tipo di accertamento, infatti danno la possibilità di quantificare l’umidità sfruttando l’acqua libera occultata in un campione predeterminato del materiale da controllare e calcolando in che termini riesce a umidificare un volume d’aria predeterminato; convertendo il valore ottenuto si ottengono indicazioni attendibili sulla percentuale di umidità. Questo collaudato sistema è molto importante poiché esclude tutte le “fantasie” sulle possibili reazioni chimiche che avvengono o possono non avvenire tra il carburo di calcio e i composti dei vari leganti idraulici utilizzati nella messa in opera di prodotti con la funzione di strato ripartitore di carico e strati di compensazione. Inoltre, tale strumento dispone di un accessorio che dà la possibilità di stampare i valori rilevati e, di conseguenza, di avere un documento che – se controfirmato dalle persone presenti al rilevamento – diventa inconfutabile.

Il metodo per pesata
La norma Uni En 10329 prevede che il rilevamento dell’umidità possa essere fatto anche con il metodo per pesata, vale a dire per perdita peso. Le attrezzature per questo tipo di prova sono sicuramente più costose e tale prova può essere fatta solo in laboratorio, poiché servono una bilancia tecnica con almeno un decimale dopo la virgola e un forno a circolazione forzata.
Il metodo è estremamente semplice: si determina esattamente il peso netto del campione prelevato posto in un recipiente metallico, lo si introduce in un forno a circolazione di aria forzata e dotato di un sistema di termostati che danno la possibilità di regolarlo e mantenerlo a temperature con scostamenti di massimo 1 – 2° C. A intervalli si pesa il campione, fino ad accertare che questo abbia raggiunto un peso costante; la differenza dei due pesi rilevati permette di determinare quanta acqua in percentuale sul peso del campione è evaporata.
Va considerato che alcuni tipi di stati ripartitori di carico sono a base di leganti idraulici diversi dal cemento, ad esempio il solfato di calcio, in questo caso non è possibile sottoporre il campione (o meglio i vari campioni) a temperature di 105° C come per i massetti in cemento, ma l’accertamento dell’acqua occultata si deve fare a temperature non superiori a 45° C.

Va detto che con questo sistema gravimetrico è possibile fare degli accertamenti su campioni con una massa molto grande: si possono fare delle prove su campioni di 200 – 300 grammi, con rilevamenti sicuramente molto più precisi.

La termobilancia
Anche la termobilancia è uno strumento adatto per fare queste prove, ma la sua altissima precisione e la comodità di conoscere subito l’umidità, in percentuale o in peso, si scontra con il fatto che è uno strumento che poco si presta al trasporto ed è utilizzabile solo in luoghi dove si può disporre della corrente elettrica.

Con questo strumento è consigliato testare campioni di una decina di grammi, perciò è evidente che bisogna prestare la massima attenzione nel prelievo: se l’immancabile perdita di umidità durante il prelievo diventa eccessiva in proporzione alla massa del campione, i valori ottenuti non possono essere rappresentativi.
Per uno strato ripartitore di carico messo in opera con spessori di 5 cm in una stanza di 16 mq, la massa di prodotto utilizzato è vicina a un peso di 1.600 kg, perciò campioni di pochi grammi, se non prelevati con la massima attenzione, difficilmente indicheranno valori di umidità attendibili.

Gli igrometri elettrici
Anche gli igrometri elettronici capacitivi dotati di apposite sonde sono un aiuto inconfutabile. Va detto però che tali strumenti richiedono esperienza; è indispensabile poi considerare molti fattori: la presenza di metalli all’interno del massetto e la superficie di contatto della sfera con esso sono elementi che possono evidenziare valori discordanti tra di loro.
In ogni caso è bene precisare che le sonde capacitive danno indicazioni importanti, ma mai la percentuale esatta di umidità presente nei massetti.
Con il tipo di sonda capacitiva della foto a lato, che in sostanza sfrutta anch’essa il potenziale elettrico e la differenza dei due campi magnetici creati, ma – al contrario della precedente – dà direttamente delle indicazioni sulla presenza di umidità in percentuale e non valori in digit da convertire, va considerato che i valori indicati sono inattendibili per alcuni tipi di massetti, per altri sono esattamente uguali a quelli dati dall’igrometro al carburo, perciò è palese che anche questo strumento richiede molta esperienza.
Negli strati ripartizione di carico in sola anidrite o anidrite in combinazione con altri leganti cementizi, l’igrometro della foto a lato, se utilizzato in modo appropriato, anch’esso fornisce indicazioni sulla percentuale di umidità. In pratica quantifica l’umidità occultata nello strato ripartitore di carico o negli strati sottostanti ricavandola dall’umidità che si crea nella cavità ricavata nei singoli strati nella quale è inserita la sonda. Va da sé che la sonda deve essere sigillata perfettamente, in modo che la stessa sia isolata dalle condizione esterne alla cavità.

Fidatevi solo delle norme
A dispetto di tutto quanto scritto sin qui, capita che le estemporanee versioni circa nuovi metodi per quantificare l’umidità citate all’inizio creino non poche perplessità al posatore, che deve decidere se attenersi al consolidato metodo di utilizzo degli strumenti tecnici e dei metodi di controllo normati o dar credito a indicazioni basate su teorie improvvisate, che i fatti dimostrano troppo spesso non avere una rispondenza pratica.
Naturalmente con questo articolo non vogliamo assolutamente mettere in discussione le politiche commerciali di una o dell’altra azienda, ma solo sensibilizzare i posatori sul fatto che la posa di una pavimentazione in parquet nulla ha a che fare con un semplice calcolo matematico, ma deve essere fatta su un massetto adeguatamente isolato dal resto del sottofondo con una barriera al vapore e nel quale sia occultata una percentuale di umidità non superiore a quella prevista dalle norme.
Quindi, cari posatori, malgrado le garanzie scritte o a voce, se c’è acqua libera nel massetto oltre a quella prevista dalle norme, con tutta probabilità il parquet posato, per suzione di umidità dallo stesso, sarà soggetto a distacchi.

Le “ancore di salvezza” più utilizzate o meglio le scuse per arrampicarsi sui vetri allo scopo di imputare le cause ad altri fattori sono molte. Ecco quali argomenti i posatori dovranno prepararsi a controbattere: il legante idraulico è sempre del tipo sbagliato, stessa cosa per la quantità utilizzata; il tipo di inerti utilizzati sono troppo piccoli o troppo grossi, non lavati ecc; la quantità di acqua utilizzata è sempre troppa; la miscelazione dell’impasto cementizio è decisamente mal fatta; le condizioni ambientali durante la messa in opera umidificano sempre e in qualsiasi condizione il massetto posato; l’umidità del legno prima della posa è sicuramente troppo bassa; lo strato di adesione è di bassa qualità o non è stato opportunamente miscelato con il proprio induritore; le condizioni ambientali di posa sono state alterate dalla massa d’acqua occultata nelle strutture murarie o dal fatto che l’appartamento è stato tinteggiato; le opere di pulizia ordinaria o di manutenzione hanno umidificato il parquet…E chi più ne ha ne metta. Sicuramente si tratta di “scuse” che possono far comodo in caso di “improvvisati metodi di controllo dell’umidità nei sottopavimenti”

CIT.” Professional Parquet www.professionalparquet.it   “

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